Condividiamo alcuni riflessioni emerse dalla lettura di un recente articolo (sotto i riferimenti) in merito alla responsabilità del laboratorio e del chimico che lo dirige nelle questioni inerenti ai rifiuti.
- Viene evidenziato senza ambiguità alcuna, il ruolo del professionista singolo, quale titolare unico della responsabilità della “certificazione”. Se avrete voglia di leggere integralmente l’articolo, noterete che non si fa mai riferimento al “laboratorio” in qualità di entità che detiene la responsabilità, ma solo al professionista incaricato. In particolare: “L’esecuzione delle analisi chimiche sul rifiuto comporta in sé l’esposizione del laboratorio di analisi ad una responsabilità sia dal punto di vista penale, sia da quello civilistico. […] Si tratta, in buona sostanza, di una fattispecie autonoma di reato, introdotta appunto dal decreto Ronchi e confermata dal Codice dell’Ambiente, che si aggiunge al dettame di cui all’art. 483 c.p. e può essere commessa solo da soggetti aventi una determinata posizione soggettiva (alias il professionista che redige il certificato e il trasportatore che lo utilizza).
- Si ribadisce che: Dal punto di vista contrattuale l’incarico è regolato dagli artt. 2229 e ss. c.c. trattandosi di “professione intellettuale per il cui esercizio è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi”.
- Ma soprattutto si pone l’attenzione al fatto che: “[…] Vero è anche che, rispetto al produttore, il laboratorio di analisi o l’analista si pongono in una posizione gradata, nel senso che il primo ha perfetta conoscenza dell’impianto che rientra nella sua sfera di disponibilità, così nel silenzio della legge egli è, in linea di principio, libero di indirizzare il rapporto con l’analista o con il laboratorio di analisi. In tale ottica può decidere di coinvolgere tale professionista nella fase propedeutica all’analisi (nel momento del prelievo e del campionamento) ovvero di tenerlo al di fuori, consegnando il rifiuto e chiedendogli di analizzarlo. L’inesistenza di norme comportamentali al riguardo e la libertà di scelta del produttore non è, tuttavia, priva di rilievo in ambito di responsabilità penale: è, infatti, evidente come ai fini della valutazione della colpevolezza l’atteggiamento di un produttore che consapevolmente instaura un rapporto non trasparente con l’analista, senza coinvolgerlo nella fase propedeutica, può essere letto come sintomo della volontà di eludere la legge. Classico è l’esempio del produttore che fa analizzare all’analista una campione parziale delle terre da scavo. […]”
Non si pubblica il documento per sposarne interamente l’opinione ma per offrire uno spunto di riflessione tra chimici.
Si cita l’articolo “Profili di responsabilità civile e penale del laboratorio che esegue le analisi chimiche sul rifiuto.”
pubblicato sul sito www.Industrieambiente.it a firma di di Francesca Romana Tomaselli nel luglio 2017
http://industrieambiente.it/index.php?page=leggi&active=54&id=14 di cui consigliamo la lettura.
About Fabrizio Demattè
Consigliere dell'Ordine Trentino Alto Adige dal 2009, referente per la formazione ECM, già referente per il GdL REACH/CLP, RTD. https://www.chimicodematte.net/
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